IL GIUDICE DI PACE
   Ha  pronunciato  la  seguente   ordinanza   nel   procedimento   di
 opposizione n. 132/1997 r.g. al decreto ingiuntivo n. 26/97, promosso
 da Elisa Riccardi di Monza contro il Condominio Emilia di Stradella e
 per esso il suo amministratore pro tempore rag. Enrico Buscarini.
                               F a t t o
   Enrico   Buscarini,   nella  sua  qualita'  di  amministratore  del
 condominio Emilia di Stradella, con ricorso depositato  il  13  marzo
 1997  ha  chiesto  e  con  decreto 25 marzo 1997 di questo giudice ha
 ottenuto ingiunzione a carico della condomina Elisa Riccardi  per  L.
 3.459.750,  oltre  accessori,  per la riscossione della residua parte
 non  pagata  dei  contributi  in  base  agli  stati  di  ripartizione
 approvati dalle assemblee dei condomini 28 ottobre 1994 - 10 novembre
 1995 e 29 febbraio 1996.
   Nei  confronti  del  decreto  ingiuntivo, dichiarato immediatamente
 esecutivo nonostante opposizione (ex  art.  63  disp.  att.  c.c.)  e
 notificato  19  aprile  1997  unitamente  all'atto di precetto per L.
 5.897.399 redatto in calce, l'ingiunta  Elisa  Riccardi  ha  proposto
 opposizione  con  citazione  notificata  il  28  maggio 1997, facendo
 "presente  la  propria  volonta'  di  pagamento  per  quanto  di  sua
 spettanza"  e  di aver chiesto all'amministratore la esibizione della
 fatturazione relativa ad interventi per spese straordinarie per  c.ca
 L.  178.000.000,  ma  invano,  con  conseguente "danno rilevante" per
 questo "comportamento omissivo" dell'amministratore, che  non  le  ha
 "consentito  di  poter  chiedere  ed  applicare  l'aumento del 10% ai
 propri inquilini per le medesime spese".
   Concludeva  pertanto  l'opponente  per  la  revocazione del decreto
 opposto e, in via subordinata, per  la  condanna  del  Buscarini,  in
 qualita'  di amministratore del condominio, al risarcimento del danno
 dallo  stesso  arrecato   all'opponente   a   causa   della   mancata
 fatturazione  delle spese straordinarie. Costituitosi con comparsa di
 risposta depositata in cancelleria il 22 settembre 1997, l'opposto ha
 eccepito la "inammissibilita' ed improponibilita'"  dell'opposizione,
 perche' le deliberazioni delle assembee condominiali,  poste  a  base
 del  ricorso  per  ingiunzione,  andavano impugnate con il ricorso ed
 entro il  termine  di  cui  all'art.  1137  c.c.;  ha  contestato  la
 attinenza  delle  motivazioni  di  opposizione  con  "l'oggetto della
 causa"; si e' opposto infine alla revocazione della  declaratoria  di
 immediata esecuzione del decreto opposto.
   Nell'udienza  6  ottobre  1997  (di  rinvio  ex  art. 57 disp. att.
 c.p.c.),  le  parti  sono  comparse  personalmente,    assistite  dai
 rispettivi  legali.    L'opponente  ha  confermato di "non contestare
 l'ammontare del debito di cui  al  decreto  ingiuntivo  opposto";  ha
 offerto "per la conciliazione la somma di L. 3.459.750 per capitale e
 L.  2.000.000  per  le spese legali", ha chiesto "che da questa cifra
 venga detratta la somma di L. 500.000, che ritiene di aver pagato  in
 piu',  delle  spese sulla facciata del condominio"; l'avv. Tripodi ha
 chiesto "ordine  all'amministratore  Buscarini  di  esibizione  delle
 fatture  per  L.  180.000.000 c.ca" relative alle spese di cui sopra.
 L'avv.  Marazzi  si  e'  opposto  "alla  richiesta,  non  riguardando
 l'oggetto  della  presente causa", l'amministratore del condominio ha
 fatto  presente  di   poter   "assumersi   per   il   condominio   la
 responsabilita'  di  rinunciare ai soli interessi legali" e non anche
 alle residue spese legali.
   Non essendo riuscito il tentativo di conciliazione, le  parti  sono
 state  invitate  a  precisare  le conclusioni e a discutere la causa;
 nell'udienza fissata per il 14 ottobre  1997,  pur  avendo  le  parti
 dichiarato  di  precisare  "come  in  atti",  e'  stato  erroneamente
 verbalizzato che precisavano "come da atto di citazione e comparsa di
 risposta"; esaurita la discussione, la causa  e'  stata  assegnata  a
 sentenza.
   Revocata  l'ordinanza  di  assegnazione  della causa a sentenza, e'
 stata sollevata d'ufficio con ordinanza 10 novembre 1997 la questione
 di illegittimita' costituzionale della mancata  previsione  che,  con
 l'atto  introduttivo  del  giudizio  davanti  al  giudice  di pace in
 generale e con il ricorso ed il decreto  ingiuntivo  in  particolare,
 non si avvertano rispettivamente il convenuto e l'eventuale opponente
 della  necessita'  di  proporre  a  pena  di decadenza nel primo atto
 difensivo le eventuali domande riconvenzionali: questione  certamente
 rilevante  per  accertare  e dichiarare la eventuale inammissibilita'
 della     domanda     riconvenzionale,     tardivamente      proposta
 dall'opponenteconvenuta nell'udienza del 6 ottobre 1997 (di rinvio ex
 art.  57  disp.  att.  c.p.c.),  in cui l'opponente aveva chiesto che
 dalla somma da lei dovuta al condominio "venisse detratta la somma di
 L. 500.000, che riteneva di aver pagate in piu',  delle  spese  sulla
 facciata  del  condominio",  e  sulla  quale  il ricorrente-attore (a
 parere di questo giudice, insindacabile dal giudice delle leggi)  non
 aveva accettato il contraddittorio. Con ordinanza 7-17 luglio 1998 la
 Corte  costituzionale  ha concluso per la manifesta irrilevanza delle
 sollevate questioni di legittimita' nella   definizione del  giudizio
 principale.
   Avendo  l'opposto  chiesto  (con  ricorso 14 settembre 1998 ex art.
 297 c.p.c.) e ottenuto (con decreto 19 settembre 1998) la  fissazione
 di  nuova  udienza  per  la  prosecuzione del processo, le parti sono
 comparse il 29 settembre 1998; nella successiva udienza del 5 ottobre
 1998 sono state precisate le conclusioni. In particolare l'opponente,
 con le  conclusioni  definitive,  da  un  lato  ha  qualificato  come
 "riconvenzionale"  la  domanda  gia' proposta tempestivamente "in via
 subordinata" con l'atto di opposizione e  dall'altro  lato,  pur  non
 avendo   riproposto  espressamente  con  le  conclusioni  la  domanda
 riconvenzionale che aveva originato la  rimessione  degli  atti  alla
 Corte  costituzionale,  ha  espressamente  insistito, alla luce della
 predetta   ordinanza   (282/1999   della    Corte    costituzionale),
 nell'accoglimento  delle  proprie  istanze  al  fine  di  "verificare
 l'eccepita compensazione recata in verbale 6 ottobre 1997" (pag. 3 in
 fondo della memoria autorizzata 5 ottobre 1998). L'opposto, da  parte
 sua,  ha  precisato  come  da  comparsa di costituzione e risposta 22
 settembre 1997 e ancora non ha  accettato  il  contraddittorio  sulla
 domanda di compensazione.
   Con sentenza n. 107/1998 emessa il 16 novembre 1998 e depositata in
 cancelleria  il  18  novembre 1998, sono state decise definitivamente
 tutte le altre domande e parte delle questioni  poste  dalla  domanda
 riconvenzionale,  ma  e'  stata  disposta  la separazione della causa
 relativa alla domanda riconvenzionale  di  "compensazione  recata  in
 verbale  6 ottobre   1997", che viene rimessa sul ruolo e sospesa, in
 quanto la decisione definitiva non puo' essere emessa  se  non  viene
 prima  decisa  la  questione di illegittimita' costituzionale (che si
 ritiene di sollevare d'ufficio), in relazione agli artt. 3 e 24 della
 Costituzione, del primo comma dell'art. 645 c.p.c.,  nella  parte  in
 cui  non  prevede  espressamente  che  l'opponente  deve,  a  pena di
 decadenza, proporre nell'atto di  opposizione  le  eventuali  domande
 riconvenzionali e del primo comma dell'art. 641 c.p.c. nella parte in
 cui  non prevede l'avvertimento che  l'opponente deve proporre a pena
 di  decadenza  nell'atto  di   opposizione   le   eventuali   domande
 riconvenzionali.
                             D i r i t t o
   Sono gia' state decise con la citata sentenza parziale alcune delle
 questioni poste dalla domanda riconvenzionale: questioni che potranno
 essere oggetto di riesame (se proposto ed ammissibile) e di eventuale
 modificazione  soltanto  da parte del giudice dell'impugnazione e non
 di altro giudice. In particolare, le questioni gia'  decise  sono  in
 sintesi:  l'esistenza  di  una  domanda  riconvenzionale  sulla quale
 pronunciare  ex  art.  112  c.p.c.;  la  tardivita'   della   domanda
 riconvenzionale  non  proposta  con l'atto di opposizione; l'avvenuta
 proposizione della eccezione  di    tardivita';  la  declaratoria  di
 inammissibilita'  della domanda riconvenzionale, ove si ritenesse che
 la tardivita' della proposizione di questa sia stata  determinata  da
 causa  imputabile  alla  parte  e  non  dal  mancato avvertimento nel
 decreto che con l'opposizione  debbono  essere  proposte  a  pena  di
 decadenza   anche   le  eventuali  domande  riconvenzionali.  Il  che
 evidentemente   presuppone   la   declaratoria   di    illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  641  c.p.c. nella parte in cui non prevede
 "l'espresso  avvertimento  che  con  l'opposizione   debbono   essere
 proposte a pena di  decadenza le eventuali domande riconvenzionali".
   D'altra parte, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo
 l'atto  introduttivo e' costituito dal ricorso e dal decreto che sono
 regolati dagli artt. 638 e 641 c.p.c.:  queste,  non  essendo  "norme
 relative  al procedimento davanti al tribunale", non sono oggetto del
 rinvio di cui all'art. 311 c.p.c. Ne consegue che l'atto introduttivo
 di questo procedimento non e' retto ne' dalla norma di cui al n.    7
 dell'art.  163,  comma  3  c.p.c., ne' da quella di cui all'art. 164,
 commi 1 e 3 c.p.c.
   Ma, l'avvertimento su preclusioni e  decadenze  nell'esercizio  dei
 poteri  processuali  esplica (a fortiori nel  procedimento davanti al
 giudice di pace)  una  preziosa  e  (come  e'  gia'  stato  rilevato)
 "essenziale funzione nei  confronti della parte non ancora costituita
 in giudizio (e pertanto a priori svantaggiata rispetto a quella che,
  probabilmente, gia' e' munita di difensore tecnico)", soprattutto se
 questa  intende  costituirsi  e stare in giudizio   personalmente (in
 virtu' dei primi  due commi dell'art. 82 c.p.c.);  "sicche'  dovrebbe
 essere  attentamente  rimediata"  (ma  evidentemente non con sentenza
 interpretativa non vincolante) la  illegittimita'  costituzionale  di
 quella  norma  che,  soprattutto  nei processi nei quali l'assistenza
 legale sia sempre facoltativa, non imponga espressamente  un  preciso
 obbligo di informazione e di istruzione alle parti.
   D'altra parte, l'atto con il quale l'opponente a decreto ingiuntivo
 insorge contro la pretesa avversaria, facendo valere le sue eccezioni
 e difese, e' sostanzialmente una vera e propria risposta alla domanda
 contenuta  nel  ricorso:  con  l'opposizione,  solo apparentemente si
 invertono le posizioni processuali delle parti, giacche' attore resta
 sempre  il  ricorrente  e  convenuto  l'opponente.  Ne  consegue  che
 l'opponente,  "formalmente  e  sostanzialmente parte convenuta", deve
 proporre a pena di decadenza nell'opposizione  le  eventuali  domande
 riconvenzionali.        E   questo   anche   perche',   soltanto   il
 ricorrente-attore che sia convenuto in riconvenzione ha  la  facolta'
 di "costituirsi in udienza mediante la proposizione anche orale delle
 proprie   difese   e  di  eventuali  domande  riconvenzionali"    (in
 reconventio   reconventionis).   Ne   consegue   la    illegittimita'
 costituzionale,  in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione,
 dell'art. 645 c.p.c., nella parte in cui  non  prevede  espressamente
 l'avvertimento  che  l'opponente  deve  a  pena di decadenza proporre
 nell'atto di opposizione le eventuali domande riconvenzionali.
   Non si puo' infatti non ravvisare qui una violazione  dei  precetti
 costituzionali  di  uguaglianza  (art.  3 Cost.) e inviolabilita' del
 diritto di difesa in ogni fase e  grado  del  procedimento  (art.  24
 della  Costituzione  secondo comma), atteso che l'opponente a decreto
 ingiuntivo, contrariamente a quanto previsto per il convenuto nel
  procedimento ordinario di cognizione introdotto con  citazione,  non
 e'  avvertito  che  deve  proporre a pena di   decadenza le eventuali
 domande  riconvenzionali  con  l'atto  di  opposizione   al   decreto
 ingiuntivo.    E' vero che  codesta Corte (con sentenza del 22 aprile
 1980, n. 61)  ebbe  gia'  a  dichiarare  infondata  la  questione  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 415 e 416, nella parte in cui
 non  prevedono  l'obbligo di portare a conoscenza del  convenuto, con
 la notificazione  dell'atto  introduttivo  del  giudizio  (ricorso  e
 decreto), che dieci giorni prima
  dell'udienza  egli deve costituirsi mediante deposito in cancelleria
 di una memoria difensiva, nella quale devono essere proposte  a  pena
 di  decadenza  anche  le  eventuali  domande  riconvenzionali; questo
 perche'  (ad  avviso  di  codesta  Corte)  "la  disapplicazione   del
 principio  della legale conoscenza della norma legislativa nulla ha a
 che vedere con il principio  di  uguaglianza  e  con  la  tutela  del
 diritto  di difesa".   Ma e' altrettanto vero che questa  motivazione
 ha perso ogni valenza di fronte alle espresse previsioni  legislative
 sopravvenute,  che hanno superato (almeno in questo) il troppo rigido
 e formalistico concetto  della  presunzione  della  conoscenza  della
 legge e del principio dispositivo.
   Sanzionando ora (con la novella) la mancanza nell'atto di citazione
 dell'avvertimento  di  cui al n. 7  dell'art. 163, comma 3 c.p.c., il
 legislatore ha riconosciuto evidentemente l'opportunita' (ancor  piu'
 pressante  nel  procedimento davanti al giudice di pace per la tutela
 della effettivita' del diritto di difesa) che il convenuto
  (normalmente privo ovviamente, anche se autorizzato  dalla  legge  o
 dal giudice a stare in giudizio personalmente, di cognizioni tecniche
 sulle  preclusioni collegate alla sua costituzione) venga reso edotto
 gia' con l'atto introduttivo dell'onere di  proporre  tempestivamente
 (con  la  comparsa di risposta) le eventuali domande riconvenzionali:
 qui, con la piu' attenta dottrina, si puo' apprezzare che "il  monito
 generico,  la  facolta'  genericamente  sancita dal precetto astratto
 della  legge  viene   fatta   conoscere   direttamente   al   singolo
 interessato, per facilitargli la decisione della condotta da seguire,
 con  naturale  aumento  di  efficacia".  Analogamente  codesta  Corte
 riconoscera' la stessa evidente opportunita'  che  l'opponente  venga
 reso  edotto  gia'  con  il decreto ingiuntivo dell'onere di proporre
 tempestivamente (con l'atto  di  opposizione)  le  eventuali  domande
 riconvenzionali.
   D'altra  parte,  lo scopo e' lo stesso che il legislatore ha inteso
 perseguire con la prescrizione  che  nel  decreto  ingiuntivo  devono
 essere   contenuti   la   indicazione   del   termine  e  "l'espresso
 avvertimento", sia della proponibilita'  dell'opposizione  che  delle
 conseguenze  della  non  proposizione di questa. Si chiede dunque che
 venga  rimediata   (ma   con   sentenza   additiva   vincolante)   la
 illegittimita'    costituzionale,   per   violazione   dei   precetti
 costituzionali di uguaglianza (art. 3  Cost.)  e  inviolabilita'  del
 diritto  di  difesa  in  ogni  fase e grado del procedimento (art. 24
 Cost., secondo comma), della norma che, soprattutto nei processi  nei
 quali   l'assistenza   legale   e'  sempre  facoltativa,  non  impone
 espressamente un preciso obbligo di informazione e di istruzione alle
 parti.